Gli anni del Boom
Negli anni 50 e 60 l'Italia cresceva a grande velocità, più degli altri paesi europei.
La pressione fiscale era meno della metà di quella odierna, cioè gli italiani pagavano la metà delle tasse che pagano adesso.
Ciò nonostante il debito pubblico in rapporto al Pil era meno della metà di oggi.
La pubblica amministrazione costruiva scuole, ospedali, case, ponti, strade.
Le leggi erano poche, chiare e uguali su tutto il territorio nazionale.
Le start up erano semplici: un dipendente poteva risparmiare una parte del proprio reddito e dopo pochi anni mettersi in proprio, grazie al basso carico fiscale e burocratico.
La pressione fiscale era meno della metà di quella odierna, cioè gli italiani pagavano la metà delle tasse che pagano adesso.
Ciò nonostante il debito pubblico in rapporto al Pil era meno della metà di oggi.
La pubblica amministrazione costruiva scuole, ospedali, case, ponti, strade.
Le leggi erano poche, chiare e uguali su tutto il territorio nazionale.
Le start up erano semplici: un dipendente poteva risparmiare una parte del proprio reddito e dopo pochi anni mettersi in proprio, grazie al basso carico fiscale e burocratico.
Gli anni successivi
Cosa è successo, dopo?
Perchè paghiamo il doppio delle tasse dei nostri padri ma il debito pubblico è il più alto d'Europa?
Da cosa viene assorbito l'immane flusso di denaro che versiamo in più allo stato?
Burocrazia.
Enti e norme, poltrone e regolamenti.
Rispetto ai nostri genitori abbiamo in più le regioni, le comunità montane, il parlamento europeo, le società municipalizzate, i consulenti esterni, le authority etc.
Nessuno di questi nuovi enti ha fornito ai cittadini servizi nuovi, diversi, ulteriori.
Forniscono gli stessi servizi di prima con strutture più complesse, quindi con minor efficienza e costi più elevati.
Tutti inoltre emanano norme, divieti, prescrizioni, autorizzazioni e pareri.
Ogni norma ha un costo di produzione, in minima parte dipendente dallo stipendio dei nostri legislatori-amministratori, in massima parte derivante dal costo della struttura: gli immobili, le attrezzature, le utenze, i dipendenti degli uffici connessi, sia a monte (uffici studi, uffici legislativi) che a valle (pubblicazione delle norme, raccolta dei testi legislativi).
Molto più alto è però il prezzo che i cittadini pagano in termini di incertezza e litigiosità.
In Italia abbiamo troppe norme, scritte male e coordinate peggio, sovrapposte sulla stessa materia degli enti che le hanno emanate (Comunità Europea, stato, regione, provincia, comune).
In questo caos normativo nessuno è in grado di sapere con certezza cosa può fare e cosa è vietato.
Il comune cittadino può essere multato a Roma perchè mangia un panino per strada, a Firenze perchè tiene il pesce rosso in una boccia di vetro.
Può succedere a un imprenditore di intraprendere un'iniziativa che a metà dei lavori (o anche alla loro conclusione) risulta contraria a qualche legge o regolamento.
Paghiamo migliaia di persone non perchè ci rendano la vita più facile ma per complicarcela.
Una parte del denaro versato dai contribuenti torna a loro sotto forma di servizi, un'altra parte viene utilizzato dall'apparato politico-burocratico per mantenere se stesso.
Mentre venivano introdotti nuovi enti non venivano contemporaneamente ridotti gli enti tradizionali.
Abbiamo più o meno lo stesso numero di comuni di un secolo fa: oltre 8.000.
A quell'epoca un cittadino che doveva recarsi al municipio distante trenta chilometri perdeva un giorno di lavoro. Oggi trenta chilometri si fanno in venti minuti.
Abbiamo ancora bisogno di una rete così capillare di enti locali?
Le province sono addirittura aumentate. Ce n'era veramente bisogno? I cittadini hanno ottenuto servizi più efficienti o piuttosto i politici hanno ottenuto nuovi posti di lavoro per sè e per amici, parenti e sostenitori a spese dei contribuenti?
Questa pletora di enti e poltrone non solo costa un fiume di soldi ma intralcia anche qualunque iniziativa pubblica o privata.
L'Autostrada del Sole fu costruita in otto anni.
Per realizzare la Rosignano-Civitavecchia è necessario mettere d'accordo 15 comuni, tre province e due regioni diverse, oltre ai ministeri competenti.
Le norme in materia sono troppe, scritte male e coordinate peggio; le competenze degli enti si sovrappongono; questo favorisce continui ricorsi ai tribunali.
Il risultato è la paralisi. Passano i decenni (non gli anni: i decenni) e non viene fatto niente, nè una nuova autostrada né l'adeguamento dell'Aurelia.
Anche i privati che intendono investire restano spesso impantanati nei problemi burocratici.
Ikea investe volentieri in Italia nonostante l'articolo 18 ma per aprire un negozio servono sei anni per la conclusione dell'iter amministrativo.
La società inglese che doveva costruire il rigassificatore a Brindisi dopo 10 (dieci!!) anni di palleggiamenti di delibere tra regione, provincia e comune è andata a investire altrove.
Giovanni Rana ha aperto uno stabilimento negli Stati Uniti in dieci mesi. In Italia ha impiegato sette anni.
L'emiro del Quatar ha spiegato a Monti che gli stranieri non investono in Italia per la burocrazia e la corruzione.
Se la diagnosi è giusta, la cura non è nè la nuova legge elettorale nè il presidenzialismo nè l'aumento delle tasse sul patrimonio anzichè sul reddito.
L'unica terapia efficace è una DRASTICA CURA DIMAGRANTE DELLA POLITICA E DELLA BUROCRAZIA.
Ovviamente il miracolo economico italiano aveva molte cause e il passato non potrà certo tornare.
La domanda è: cosa possiamo fare per affrontare meglio il futuro?
Perchè paghiamo il doppio delle tasse dei nostri padri ma il debito pubblico è il più alto d'Europa?
Da cosa viene assorbito l'immane flusso di denaro che versiamo in più allo stato?
Burocrazia.
Enti e norme, poltrone e regolamenti.
Rispetto ai nostri genitori abbiamo in più le regioni, le comunità montane, il parlamento europeo, le società municipalizzate, i consulenti esterni, le authority etc.
Nessuno di questi nuovi enti ha fornito ai cittadini servizi nuovi, diversi, ulteriori.
Forniscono gli stessi servizi di prima con strutture più complesse, quindi con minor efficienza e costi più elevati.
Tutti inoltre emanano norme, divieti, prescrizioni, autorizzazioni e pareri.
Ogni norma ha un costo di produzione, in minima parte dipendente dallo stipendio dei nostri legislatori-amministratori, in massima parte derivante dal costo della struttura: gli immobili, le attrezzature, le utenze, i dipendenti degli uffici connessi, sia a monte (uffici studi, uffici legislativi) che a valle (pubblicazione delle norme, raccolta dei testi legislativi).
Molto più alto è però il prezzo che i cittadini pagano in termini di incertezza e litigiosità.
In Italia abbiamo troppe norme, scritte male e coordinate peggio, sovrapposte sulla stessa materia degli enti che le hanno emanate (Comunità Europea, stato, regione, provincia, comune).
In questo caos normativo nessuno è in grado di sapere con certezza cosa può fare e cosa è vietato.
Il comune cittadino può essere multato a Roma perchè mangia un panino per strada, a Firenze perchè tiene il pesce rosso in una boccia di vetro.
Può succedere a un imprenditore di intraprendere un'iniziativa che a metà dei lavori (o anche alla loro conclusione) risulta contraria a qualche legge o regolamento.
Paghiamo migliaia di persone non perchè ci rendano la vita più facile ma per complicarcela.
Una parte del denaro versato dai contribuenti torna a loro sotto forma di servizi, un'altra parte viene utilizzato dall'apparato politico-burocratico per mantenere se stesso.
Mentre venivano introdotti nuovi enti non venivano contemporaneamente ridotti gli enti tradizionali.
Abbiamo più o meno lo stesso numero di comuni di un secolo fa: oltre 8.000.
A quell'epoca un cittadino che doveva recarsi al municipio distante trenta chilometri perdeva un giorno di lavoro. Oggi trenta chilometri si fanno in venti minuti.
Abbiamo ancora bisogno di una rete così capillare di enti locali?
Le province sono addirittura aumentate. Ce n'era veramente bisogno? I cittadini hanno ottenuto servizi più efficienti o piuttosto i politici hanno ottenuto nuovi posti di lavoro per sè e per amici, parenti e sostenitori a spese dei contribuenti?
Questa pletora di enti e poltrone non solo costa un fiume di soldi ma intralcia anche qualunque iniziativa pubblica o privata.
L'Autostrada del Sole fu costruita in otto anni.
Per realizzare la Rosignano-Civitavecchia è necessario mettere d'accordo 15 comuni, tre province e due regioni diverse, oltre ai ministeri competenti.
Le norme in materia sono troppe, scritte male e coordinate peggio; le competenze degli enti si sovrappongono; questo favorisce continui ricorsi ai tribunali.
Il risultato è la paralisi. Passano i decenni (non gli anni: i decenni) e non viene fatto niente, nè una nuova autostrada né l'adeguamento dell'Aurelia.
Anche i privati che intendono investire restano spesso impantanati nei problemi burocratici.
Ikea investe volentieri in Italia nonostante l'articolo 18 ma per aprire un negozio servono sei anni per la conclusione dell'iter amministrativo.
La società inglese che doveva costruire il rigassificatore a Brindisi dopo 10 (dieci!!) anni di palleggiamenti di delibere tra regione, provincia e comune è andata a investire altrove.
Giovanni Rana ha aperto uno stabilimento negli Stati Uniti in dieci mesi. In Italia ha impiegato sette anni.
L'emiro del Quatar ha spiegato a Monti che gli stranieri non investono in Italia per la burocrazia e la corruzione.
Se la diagnosi è giusta, la cura non è nè la nuova legge elettorale nè il presidenzialismo nè l'aumento delle tasse sul patrimonio anzichè sul reddito.
L'unica terapia efficace è una DRASTICA CURA DIMAGRANTE DELLA POLITICA E DELLA BUROCRAZIA.
Ovviamente il miracolo economico italiano aveva molte cause e il passato non potrà certo tornare.
La domanda è: cosa possiamo fare per affrontare meglio il futuro?